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Ricorrenze Voltiane

Argomenti trattati > Como città e territorio > La nostra città > Personaggi Lariani

Ricorrenze Voltiane
Pellegrinaggio popolare alla tomba del Grande Comasco nel secondo centenario della nascita – 25 febbraio 1945
e discorso di Federico Frigerio

Ecco la cronaca apparsa sul quotidiano “La Provincia di Como”, anno 53 n° 57 – Lunedì 26 febbraio 1945.
Purtroppo l’inchiostro di questa pagina è notevolmente sbiadito.
«La tomba di Alessandro Volta che ha già visto inchinarsi folle di scienziati e di ammiratori di tutto il mondo, ha avuto ieri l’omaggio di tutte le autorità provinciali e comunali fra le quali il Capo della Provincia, il Delegato regionale del P.F.R., il Commissario dell’Amministrazione provinciale, il Podestà con il vice-podestà, il Questore, il rappresentante del Comando militare provinciale, ufficiali della Marina del Reich in rappresentanza del Comando germanico, l’Ispettrice regionale dei Fasci femminili, il presidente del Comitato per le onoranze e altre nonché di una foltissima schiera di cittadini. Omaggio semplice a chi fu semplice nella sua somma gloria di scienziato e di uomo».
«La folla, nella bella giornata era tanta che il breve suggestivo quanto mistico recinto del camposanto non poté contenerla si che dovette adunarsi davanti e nei pressi della cancellata. Nel breve spazio che intercorre dal cancello d’ingresso alla tomba del Grande erano schierati ai lati reparti della Brigata Nera “Cesare Rodini” e dell’Esercito Repubblicano». «L’omaggio che le autorità hanno reso è stato breve ma solenne e fortemente commovente. Allo squillo dell’attenti tutti hanno levato il braccio nel saluto romano, mentre don Casati, vicario foraneo di Tavernerio, assistito da due sacerdoti, ha recitato una preghiera che si è conclusa con la benedizione».
«Quindi la parola per il Comitato onoranze; l’architetto Federico Frigerio il quale ha amato richiamare prima di tutto agli stessi abitanti di Camnago la vita semplice, affabile, famigliare e cristiana che il Grande Signore di Campora . . . .». (Più sotto riportato integralmente).
«Terminato il discorso fervidamente applaudito, il sacerdote ha recitato il “Requiem æternam”, mentre dinanzi al busto di Alessandro Volta veniva deposta una corona d’alloro. Il saluto romano concludeva la cerimonia».

Il discorso dell’Architetto Federico Frigerio
«Dopo quanto fu detto di Alessandro Volta or son pochi giorni in quel nostro teatro che per lo spirito Suo che vi aleggiava, per il fascino di chi parlava, per il religioso raccoglimento dell’immenso popolo accorso, pareva trasformato in un tempio; dopo quanto abbiamo ascoltato scendere dalla cattedra del Duomo, nelle calde parole del nostro Pastore, che cosa potrebbe aggiungere qui, in questo recinto doppiamente sacro, davanti alla sua tomba, a pochi passi dei suoi resti, chi pur avesse da natura l’invidiabile dono di saper trascinare altri con alite parole?»
«E che potrei aggiungere io, oratore improvvisato, io che non ho altra autorità per parlarvi che quella che m’è venuta dall’insistenza degli amici del Comitato per le attuali sue onoranze; io che non posseggo alcun titolo per farlo all’infuori di quello, forse, del lungo studio non tanto, quanto del grande amore per Lui che mi riservava per ben tre volte nella mia vita il privilegio di servirne la memoria, a cominciare dalla lontana giovinezza, nel 99, per finire in questi giorni che appartengono alla mia vecchiezza?»
«A me non è quindi lecito che di rievocare a grandi tratti e con poche parole la figura e l’opera di questo Grande, non meno ammirevole per l’altezza dell’intelletto che per la bontà e per la modestia».
«E lo farò - mi perdonino i molti qui presenti che già parteciparono alle altre solenni adunate – rivolgendomi soprattutto ai discendenti di quei compaesani di Camnago coi quali Alessandro Volta amò tanto trattenersi nei suoi frequenti soggiorni nell’avita villa di Campora, sito di riposo e di svago, con affabilità di rapporti e talora in abbandono di confidenze attorno ai suoi studi e alle sue scoperte, ch’egli ad essi, semplici e indotti, definiva scoperte “mamme” perché capissero che erano destinate – ne aveva profonda quanto segreta coscienza – a generare ben altre mirabili cose».
«Mi rivolgerò specialmente a questi discendenti che certo avranno sentito dai loro vecchi come il Grande, signore del sito, avesse voluto essere sepolto fra di loro, presso a loro; mi rivolgerò insomma a quelli, che non vengono qui come noi oggi, in rare solenni occasioni, ma recano spesso a questo piccolo composto angusto recinto fiori lagrime e preghiere; pei quali il ricordo dei cari perduti non può scompagnarsi dal ricordo di Lui che vigila, in ispirito nella bella effigie marmorea che fa del suo loculo quasi un altare, su tutti quelli che Lui ha voluto avere vicini nella morte come aveva tenuto cari e devoti nella vita».
«Con essi non scenderò al benché minimo particolare che riguardi le sue scoperte, le sue invenzioni. Non è questo il sito per farlo».
«Ma dovendo pur toccare dello Scienziato insigne, del creatore di tanti mirabili apparecchi destinati a mettere le fondamenta di una civiltà nuova, io mi limiterò a far rilevare che dalla invenzione del suo primo, semplice quanto stupendo generatore di vive manifestazioni elettriche, attraverso i sempre più perfezionati strumenti di misura e l’intensificazione di questi e su fino alla più portentosa delle sue realizzazioni, il suo procedere fu caratterizzato da una continua ascesa, come di forte, prudente per questo sicuro scalatore, che con passo fermo e metodico sale di ronchione in ronchione di pietre in pietre per attingere alla vetta radiosa, la vetta alla quale arriva il primo sole ed a cui è rivolto l’ultimo suo raggio. Ma la vetta che Egli ha raggiunto non conosce aurore ne tramonti, è fuori, è al di sopra della terra, è quell’eterno luogo. A raggiungerla, a meritarla, in questo campo dello studio della Natura, non occorre soltanto la felice intuizione, il felice lampo del genio di un giorno particolarmente propizio, ma anche più il lungo assiduo, accanito studio dei fenomeni, delle cause loro e dei loro effetti; la lunga dura fatica del provare e del riprovare; la coscienziosa, minuta paziente discussione di tutti gli elementi della prova, la lunga lotta proficua, serrata, accanita quanto cortese con degni avversari, l’incontentabilità, la prudenza somma davanti alle ipotesi, lusinghiere spesso e talora deviatrici».
«Se l’elettroforo, prima e già stupefacente sua creazione lo segnalò giovane come uno dei più promettenti ingegni, la Pila lo confermò Sommo quando era alle soglie della vecchiaia. Non dimenticatelo!»
«Il genio è più di quel che non si creda prudenza, pazienza, tenacia, fede, sacrificio. La pazienza, la tenacia, la dedizione completa agli studi furono in Lui pari all’intelligenza sovrana che Dio gli aveva donato».
«E così a Lui toccò il premio – più grande di ogni ricompensa umana - di aver coscienza (che la profonda modestia non gl’impedì certo di nutrire) di avere non tanto strappato un grande segreto alla Natura quanto di avere arricchito la vita, la Natura stessa quasi di un nuovo prezioso elemento».
«Ma se la corrente elettrica da Lui rivelata e donata all’umanità perché ne avesse luce e forza per le sue opere – moltiplicate infinitamente mentre ne venivano infinitamente ridotte le relative logoranti fatiche – ha fatto di Lui uno dei massimi benefattori dei tempi suoi, non dobbiamo dimenticare le sorprendenti divinazioni ch’Egli ebbe del telegrafo e del telefono a Lazzate, altro soggiorno di riposo fra i suoi beni. Rivolto al Parroco ed ai paesani all’uscita dalla chiesa una domenica aveva detto (e Francesco Somaini lo ha documentato): “verrà giorno in cui gli uomini potranno parlare tra di loro a grande distanza”».
«Ricordiamo che in un brano di minuta da lettera in lingua francese ha definito la lampadina elettrica a filamento incandescente nel vuoto. E non dimentichiamo che il motore a scoppio sta in embrione nella sua pistola e nel suo stantuffo elettrico, e che la lampada a gas, e per di più accesa con una scintilla elettrica, funzionò perfetta tra le sue mani».
«Constatiamo infine che anche qualche fondamentale legge fisica gli si è dovuta restituire or non è molto avendo per tanto tempo portato il nome di chi l’aveva ritrovata tanti anni dopo di Lui. E fu signore nel campo dell’eudiometria».
«Rievochiamo qui, infine , la sua persona, quella mirabile persona della quale non restano che i pochi avanzi venerandi racchiusi nel suo semplice sarcofago».
«Rievochiamole colle parole di un altro scienziato che l’avvicinò pieno di ammirazione a Parigi, Arago «Era il Volta grande della persona, di lineamenti nobili e regolari come quelli di una antica statua; aveva fronte spaziosa che faticose meditazioni avevano profondamente solcata, ed uno sguardo in cui si distinguevano a un tempo la scienza dell’animo e la penetrazione della mente».
«E la sua bontà era grande come grande era l’ingegno. La sua modestia cristiana, sincera, era toccante. Sapeva trovare momenti di lieto abbandono fra gli amici e tra i più cari – sapeva essere lepido – si dilettava nei sottili giochi di parole e signorilmente volentieri scherzava».
«Amava la famiglia, che tardi s’era fatta, con tenerezza infinita; alle gioie che questa gli dava posponeva ogni soddisfazione mondana, ogni successo, ogni trionfo la gloria stessa; che fu tanta e così grande anche in vita che avrebbe potuto inebriare chi meno di Lui avesse posseduto e privilegiato l’equilibrio di ogni facoltà che gli era peculiare».
«Fu credente religioso convinto, cristiano operante. Impartiva ai giovanetti il catechismo nelle feste che pur erano riservate al suo così meritato riposo».
«Quale commovente esempio per tutti!»
«Volgiamoci reverenti al suo sepolcro. Alziamo il braccio, stendiamo la mano nel nostro saluto, ma, “colle ginocchia della mente inchine” curviamoci, pieghiamo il capo avanti alla maestà sua che qui sovrasta».
«Se negli altri suoi sacrari, a Como ed a Brera, regna il senso della sua vita, spirito ed azione, della sua immortalità, qui sono presenti i testimoni della sua caducità umana, raccolti in una polita arca marmorea, sottratti a qualunque ulteriore opera di disgregazione o di consumazione nei secoli futuri, non più resti di una povera salma ma dorate ossa da reliquiario».
«Raccogliamoci nel silenzio di pochi istanti che solo la voce del degno sacerdote, che ci assiste, romperà colla sua breve, semplice, alta, affettuosa preghiera: con quel “requiem” che noi apprendemmo a pronunciare bambini tra le braccia della mamma, sul candido lettuccio prima di addormentarci, a chiusura di balbettate invocazioni a Dio Padre ed alla Vergine e che offrivamo, le mani giunte, alla memoria dei nostri più cari vecchi scomparsi dopo di averci per poco tempo trastullati e idolatrati».
«Nessun’altra parola può in questo sito e in questo momento sostituirsi a quella preghiera sonante in quel latino che è la vera grande madre lingua nostra. E abbassando il nostro braccio quando il Sacerdote avrà pronunciato le solenni parole che accompagnano il segno della croce, quel segno con il quale Egli iniziava e chiudeva la sua lunga operosa giornata, facciamolo questo segno della croce; di quella croce che abbiamo spesso dimenticata, di quella croce che oggi pare che distenda dalle Dolomiti all’Etna, dal Viso al Carso, sulla nostra grande sventurata patria divisa e calpesta, la sua ombra immane quale simbolo di martirio: ma che può essere nunzia – Dio lo voglia – come lo fu per Cristo, di certa, di vicina, di gloriosa Resurrezione!»

Lutto nella famiglia Volta

A Milano, giovedì 13 marzo 2003, si è spenta serenamente la contessa Ippolita dei Conti Volta, vedova Martino, nata il 22 settembre 1918, da Eugenia dei Conti Rizzardi e Luigi Volta, dottore in Matematica ed Astronomo.
Era laureata in Lettere. Nobilissimo esempio di moglie e madre, tenera e dolce nonna, di meravigliose doti umane, che per tutta la vita è stata mirabile esempio di fede e devozione a Dio. I funerali si svolsero a Milano, sabato 14, nella parrocchia di S. Babila. Giovedì 20, l’urna contenente le sue ceneri fu portata a Camnago Volta, dove, dopo la celebrazione di una messa in suffragio venne deposta nella stessa tomba del suo illustre avo.

ALESSANDRO VOLTA.
SCIENZIATO E CITTADINO


Volta nasce e inizia la sua carriera quando c'è ancora l'Austria. Complessivamente saranno per lui 51 anni di sudditanza austriaca (27 anni dall’inizio della sua attività scientifica), 19 anni di dominio napoleonico e, di nuovo, 12 anni di restaurazione austriaca. È questo uno dei punti che alcuni suoi biografi considerano con attenzione, qualcuno con severità, perché il Volta che lavora con convinzione per l'Impero Austriaco è lo stesso che presenta l’omaggio di Como a Napoleone, lo stesso che viene premiato e riceve un appannaggio – un vitalizio – da Napoleone, e infine lo stesso che ritorna, scampando un tumulto milanese e un altro scontro all'Università, in seno alla restaurazione austriaca. La risposta che generalmente si dà è che Volta badava solo ai suoi interessi scientifici, e che pertanto da "buon" comasco, da persona munita di senso pratico, non poteva non tener conto di queste meteore, di questi grandi signori del mondo, dai quali cercava di ricevere aiuto per le proprie ricerche.

Ciò potrebbe indurre a ritenere che Volta fosse del tutto disinteressato ai problemi particolari locali, e invece no. Intanto, c'è in tutto l'Epistolario un’insistenza non richiesta, anzi, una sottolineatura, nei confronti della sua Patria. Nelle più diverse occasioni Volta richiama «la mia cara Patria Como»: come ad esempio quando il Prefetto del Dipartimento dell'Olona gli chiede di dare l'indicazione del suo indirizzo per poterlo iscrivere tra i suoi registri. Il Volta risponde che, assolutamente no, lui non fa parte del Dipartimento dell'Olona, bensì del Dipartimento del Lario. E sarà anche Presidente del Dipartimento del Lario, sarà Magistrato delle Acque, e come Magistrato delle Acque – qui ritornano circostanze molto ricorrenti – raccomanda a un certo numero di cittadini di ricorrere al Governo affinché faccia demolire una serie di strutture edilizie costruite sull'Adda ai fini della pesca, poco dopo il ponte di Lecco, e si occupa anche delle esondazioni.

Quando chiede di essere collocato a riposo all'Università, scrive al Ministro degli Affari Interni in questi termini: «L'altro motivo viene dalle circostanze mie domestiche, le quali non mi permettono di trasportare tutta la famiglia a Pavia, e per cui negli ultimi anni passati dovetti lasciar a Como, oltre ai due fratelli Canonici legati a residenza, anche la moglie mia, e i tre figliuolini, e staccarmi io, e vivere solo a Pavia, facendo sovente delle incomode corse a Como, segnatamente per le ferie di Natale, di Carnevale, e di Pasqua». C'è un passaggio in cui dice: «Io a Pavia sono un forestiero, non ho alloggio, non ho albergo, vivo alla giornata».

Come Presidente del Consiglio Generale del Dipartimento del Lario, Volta si occupa dell'istituzione del Tribunale a Sondrio per giudicare coloro che avevano realizzato la sommossa di Teglio. Come Magistrato delle Acque si occupa – come già accennato –dello sgombero di quegli interventi edilizi che frenavano il corso dell'Adda. Dalla Municipalità di Gravedona viene interessato affinché Gravedona non perda la Pretura (e qui c'è tutta una dimostrazione dei costi e dei benefici che conseguirebbero lo spostamento della Pretura in altre sedi).

Si occupa del diritto dei barcaioli a non vedersi requisire le barche dalle Forze Armate che in quel momento occupano la Lombardia, con la motivazione che le barche sono l'unico strumento di vita di queste persone e non si può quindi sottoporle a tali imposizioni. È membro del Collegio di Revisione dei Distretti Censuari; è membro della Commissione per la Fiera. È membro della Commissione per le Invenzioni e quando, nel 1805 viene diramato un Decreto che accorda premi a quanti si siano distinti come inventori, nell'esercizio di questo compito sarà lui a stendere una relazione sull’invenzione di Candida Lena Perpenti, che ha individuato una procedura per la tessitura dell'amianto, cosa che fino a quel momento si aveva notizia avvenisse solo in Siberia e in qualche Paese orientale. Scrive una descrizione dettagliatissima di questo procedimento, ne vanta i benefici, saggia il tessuto sul fuoco per stabilire se perde consistenza o cangia colore.

Si interessa di seta. Devo dire che quando tratta questo tema ne esce il ritratto di un Volta che non ha nulla da dividere con il Volta – lasciatemi dire – "pseudo-poeta", autore di un certo numero di composizioni poetiche, che il Carducci ebbe a liquidare (ritengo con tutte le ragioni) molto seccamente. La prosa del Volta, viceversa, è un piccolo gioiello. Lo si apprezza quando descrive la scossa che si produce sulla lingua in alcuni suoi celebri esperimenti di elettrologia, ma lo si vede anche quando insorge contro una deliberazione del Consiglio Comunale di Como che – per affrontare la crisi della tessitura del 1778 – approva la stipula di un contratto capestro, che prevede che il Comune di Como entri in società con due setaioli comaschi, un negoziante e un imprenditore, e che attribuisce a costoro la massima parte dei profitti (se ve ne fossero stati) e al Comune di Como la minimissima parte. Non solo, ma in assenza di profitti, i due si sarebbero approvvigionati quali soci d'opera di quanto di loro spettanza attingendolo al capitale versato dal Comune.

Le espressioni del Volta quando scrive al cognato Don Ludovico Reina per cercare di avviare una reazione a questa delibera – che poi avrà successo anche se poi i due, come si legge, «cavallerescamente rinunziarono al contratto» – meritano di essere riportate per esteso:

«Carissimo Cognato, due righe di tutta fretta. Sarebbe stato bene, che voi aveste potuto intervenire al Consiglio generale tenuto in oggi, o che vi fosse intervenuto il carissimo Rovelli» – Rovelli è il grande storico, fratello del Vescovo Rovelli – «L'Oratore ha fatto tanto che è stato accettato il progetto di associazione coi Mercanti di seta fatto a suo modo, o anzi a modo dei mercanti medesimi. In prima dirò chi sono questi mercanti, se non l’indovinate: sono Primavesi e Casnati; quest'ultimo già sapete, che è tutto cosa sua. Ma sentite gli articoli con cui si stipulerà il contratto di associazione colla Città. Essa somministrerà ai due nominati centomila lire almeno, ch’essi impiegheranno con altre 100000 proprie in manifatture di seta: l'associazione durerà per quattro anni; il primo non percepirà alcun frutto la Città, il secondo il due per cento; il terzo tre per cento; nel quart’anno sarà vera associazione cioè toccherà il profitto eguale alla Città e ai Mercanti, dedotte, credo, tremila lire per questi a conto dell'opera loro. Non provenendo frutti, anzi perdendosi in parte o in tutto i capitali, saran corrisposte ai Mercanti tremila lire all'anno pel titolo medesimo della lor opera ed impiego. Finiti i quattro anni sarà in libertà dei Mercanti il ritenere ancora il capitale della Città coll’eguale ripartizione de’ frutti o il restituirlo (questo è il più bello). Ho rilevato tali essere gli articoli domandandone all'uno e all'altro in segreto quando venni in Città, venuto essendovi tardi, e non essendosi compiaciuti i Sig.ri Capi e Maneggiatori di questo affare d’informarmi; onde non so se siano precisamente tali, o se ve ne siano degli altri. Quello che son arrivato a tempo d’intendere è il desiderio de’ mercanti spiegato dal Sig. Oratore, che fossero Delegati della Città, chi? È facile indovinarlo, D. Fulvio Tridi e il M.ese Porro: tosto dunque fu consentito di delegare questi due unitamente all'Oratore medesimo. Indovinare ancora chi parlava in città? Olginati e Natta (già gli altri erano pochi). Dite, non erano questi già imboccati, e tutto il pasticcio già fatto? Maladetta Cameretta.» – cioè il Consiglio Comunale – «Dite; si poteano mai fare articoli più svantaggiosi alla Città? È possibile, che non se ne accettassero di più convenienti e onesti da altri Mercanti? Perchè legarsi a quei due? Quante cose ci si dà luogo da pensare! Orsù, dopo domani viene a Milano l'Oratore per ottenere dal Governo l'approvazione del progetto, e la dispensa di levare dal Monte di S. Teresa le lire centomila o più; voi potete opportunamente parlare, perchè la cosa sia ponderata naturalmente pria, che s’accordi e si conchiuda».

Come ho accennato, poi, i due cavallerescamente rinunceranno al contratto. Ciò avviene nel 1778.
C'è ancora la chiamata del Volta a Membro della Commissione di Ornato, cioè della Commissione Edilizia, che viene rivolta dal Presidente del Consiglio Comunale. La sua risposta è di un’umiltà che non di rado i grandi scienziati hanno, perché solo chi è convinto di non sapere ha il senso dell'umiltà, e nella risposta si legge che lui non si ritiene degno di questo incarico perché non ha le sufficienti competenze. Ciò nonostante il Sindaco di allora e il Consiglio Comunale insisteranno in questa richiesta ed, essendo lui cittadino di Como, si adopererà con tutto l'impegno nell'apprendere anche queste competenze e porrà questo suo impegno a disposizione della città.

Che cosa ne esce, a mio giudizio? Ne esce il ritratto di una persona che – il tema è ricorrente – ha avvertito il dovere di restituire alla sua città una parte dei talenti di cui è stato donato e che ha coltivato; di restituirla senza avere mire di carattere politico o di prestigio personale. Che prestigio poteva ricavare il Volta – giunto al sommo della fisica, riconosciuto da tutte le società scientifiche del mondo come maestro nella sua competenza – che prestigio poteva ricavarne a realizzare questo impegno, ad assumerlo su di sé e adempierlo?
Qui mi sembra di notare una testimonianza di autentico civismo, che dovrebbe insegnare a ciascuno di noi come ci si deve comportare nei confronti della propria terra, e in questo credo che il Volta sia stato veramente esemplare

TEMPIO VOLTIANO


Dalle ultime notizie apparse sulla stampa si apprende l’ennesimo rinvio. Sono ormai due anni che si va da rinvio a rinvio di aperture imminenti; prima a dicembre 2002, poi a marzo e ancora a ottobre 2003. Ora, sembra che l’inaugurazione del Tempio Voltiano dovrebbe avvenire a gennaio 2004 ma ancora potrebbe seguire un ulteriore rinvio a marzo!!!. La ragione di questi continui rinvii è dovuta soprattutto al restauro di tutte le vetrine interne. I primi ponteggi furono installati nel 1999, l’anno del Bicentenario dell’Invenzione della Pila e, da allora, una serie di imprevisti si susseguirono. La ditta che aveva vinto l’appalto per il loro restauro era in realtà specializzata in impianti industriali e quindi non idonea a questo tipo di lavoro artistico.
La quasi totalità dei Cimeli sono, dal gennaio 2001, già completamente restaurati e riportati all'antico splendore dal fisico ticinese prof. Paolo Brenni * (nella foto) profondo conoscitore di tutti gli strumenti scientifici, anche d'epoca. Egli ha posto in questo delicato lavoro di restauro tutta la sua esperienza e grande amore che egli nutre per gli strumenti scientifici.
L'attenzione del loro restauro è stato dedicato al 75% dei Cimeli, di cui gli originali, rispetto a quelli ricostruiti, sono identificabili da un piombo di garanzia ad essi applicato, mentre il resto essendo ormai ridotto a "porzioni" di masse deformi ed annerite dall'immane incendio che distrusse completamente ]'Esposizione Voltiana del 1899 lì allora esposti, sono stati semplicemente ripuliti. Pochissimi sono quelli che ancora devono essere restaurati.
Le vetrine al piano terra sono quasi concluse. Nel momento in cui scrivo, il restauro alla loro struttura metallica è ultimato e dovrebbero seguire subito gli interventi del vetraio e quello dell’elettricista. Per fine del prossimo settembre, anche quelle del piano superiore dovrebbero essere pronte. Poi, ci vorrà del tempo per fare l’allestimento
Gli specchi di fondo delle vetrine verranno eliminati onde rendere meno confusa la visuale del contenuto; i vetri sostituiti con altri più robusti; una adeguata illuminazione a fibre ottiche permetterà di ammirare questi Cimeli in esse raccolte e, valutare meglio la loro preziosità. In due vetrine saranno collocate le suddette "porzioni" di ricordo e per dovere di informazione storica, rivolte principalmente a studiosi e addetti ai lavori.
Il piano nobile rialzato, quando sarà tolta la rotonda innalzata appositamente per i restauri de cimeli, sembrerà avere in generale l'aspetto originale. Ma, alle vetrine tradizionali così rimesse a nuovo si aggiungeranno pannelli didattici una serie di totem informatizzati, supporti multimediali e forse anche un sistema di guida palmare. La disposizione dei Cimeli cambierà completamente. Non sarà più lo schema per tipologia, ma si cercherà di compiere, attraverso gli oggetti esposti, il percorso compiuto dall’illustre scienziato comasco, conducendo passo passo alle singole scoperte ed invenzioni.
L’ammezzato avrà un aspetto rinnovato rispetto al passato e servirà a dare uno spaccato della Como in cui viveva e lavorava Alessandro Volta. Si farà insomma la conoscenza con il sapore dell’epoca, con l’impegno politico, con gli studi e con la vita di tutti i giorni. Sarà ricavata anche una saletta in cui sarà riprodotto lo studio di Volta.
La sistemazione del piano terra-magazzino è stato ultimato con il rifacimento dei servizi igienici. Un ascensore, permetterà ai disabili di trasferirsi ai piani superiori.
Esternamente, il rifacimento della pavimentazione con cubetti di granito tutto intorno al monumento è ultimato. Manca la finitura dell’impianto di illuminazione esterna dell’edificio e la sistemazione delle aiuole e della piccola fontana.
Sarà pure disponibile un bel catalogo a colori che illustrerà tutti i Cimeli, ciascuno dei quali dotato di una scheda scientifica, il tutto informatizzato su CD-ROM.
«Non sarà più semplicemente una parte celebrativa con i Cimeli Voltiani – precisa il direttore, dott. Lanfredo Castelletti – ma un modo per tuffarsi indietro nel tempo».
Purtroppo, alcuni turisti stranieri venuti a Como, principalmente per visitare questo museo, se ne sono andati via con grande dispiacere e delusi. Il Tempio Voltiano deve essere il fiore all’occhiello della città e motivo di orgoglio per aver dato i natali ad un grande Genio. Il suo prezioso contenuto è quello che ha dato il vertiginoso via a tutte le meravigliose ed impensabili invenzioni di cui oggi l’umanità dispone, grazie all’elettrologia, alla realizzazione di sofisticati apparecchi di diagnostica e di cura alla medicina, allungando la nostra vita, e alla scoperta di nuovi elementi e prodotti e farmaci grazie all’elettrochimica.

*Paolo Brenni, laureato in Fisica Sperimentale presso l’Università di Zurigo, e specializzato nella storia negli strumenti scientifici e dell’industria di precisione. Ricercatore presso il CNR di Firenze. Autore di numerosi articoli, e attualmente vicepresidente della Scientific Instrument Commission dell’Internetional Union of the History and Philosophy of Science.
Umberto Ferdinando Molteni


IL FARO VOLTIANO


Dopo essere stato per molto tempo trascurato e quasi abbandonato, finalmente anche il 75enne Faro Voltiano, dono dei Telegrafisti, è stato completamente restaurato nei suoi congegni meccanici ed elettrici.
Il sistema meccanico di trasmissione del moto rotatorio delle tre lanterne è stato completamente smontato revisionato e modificato in quelle parti onde rendere più agevole e rapido il montaggio e la sua futura manutenzione. Con queste modifiche l’accoppiamento del pignone con la ruota dentata è perfetto e di facile messa a punto. Il gruppo dei due collettori elettrici, in bronzo, è stato rettificato e pulito. Il giunto tra motore e sistema di rotazione delle lanterne, in ferro e del peso di 12 kg, è stato sostituito con altro di uguale prestazione ma in alluminio di soli 3 kg. Aggiunto un serbatoio lubrificante dell’alberino pignone. Questo lavoro impeccabile è stato fatto dal signor Costantino Bertolina, nonostante i suoi 83 anni, grazie alla sua grande esperienza e capacità come specialista aeronautico e specialista attrezzista.




Un grazie è dovuto al braccio operativo del Consorzio Como Turistica (fautore della ben nota “Como città dei balocchi”) “Amici di Como”, allo sponsor Bianchi Group Transport, al meccanico signor Andrea Bianchi, che smotò e montò la parte meccanica, alla ditta elettrotecnica “Annoni & Grandi snc. Il signor Gianpiero Dalla Pozza e lo scrivente, gratuitamente coordinarono i lavori meccanici.
13 maggio 2002 Umberto Ferdinando Molteni


foto sopra: particolare delle tre lanterne

(particolare del meccanismo originale di rotazione delle tre lanterne e dei due collettori elettrici prima e dopo il restauro).


Ultime del faro


Un gradito intervento dei nostri amati Vigili del Fuoco di Como, infine, ha permesso di rimuovere l’asta della bandiera affinché venisse riparata con l’aggiunta della carrucola inferiore mancante e la sostituzione delle bandiere e della fune. Con un successivo intervento l’asta è stata ricollocata nella sua sede e le nuove bandiere garriscono al vento. Con questo si sono conclusi i lavori di restauro del Faro, restando ancora da risolvere il problema della luce rossa.
Sono doverosi sentiti ringraziamenti ai V.F. Aiani Mario, Francesco Monti, Giuseppe Santagada e Aldo Carcano, del gruppo S.A.F. (Speleo Alpinistico Fluviale) e dell’instancabile e sempre disponibile signor Gianpiero dalla Pozza.


Nella stagione estiva, il faro è visitabile nei giorni festivi e feriali di bel tempo.
Dalla sua sommità si può godere di uno splendido panora

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