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Insulina dalla pelle

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Insulina dalla pelle
come arma contro il diabete
Milano 16/05/2013
Uno studio dell’Università  degli Studi di Milano apre strade alternative nell’ambito delle terapie

Produrre insulina partendo dalla pelle. C’è riuscito un gruppo di scienziati italiani dell’università degli Studi di Milano, che in uno studio in pubblicazione su Pnas spiegano come trasformare le cellule della cute in cellule fabbrica dell’ormone chiave per il metabolismo dello zucchero. Il tutto senza cambiare il Dna. Una ricerca che, sono convinti gli autori, apre a «straordinarie potenzialità nella terapia del diabete e del tumore al pancreas». Trapiantate in topi diabetici, infatti, le cellule ottenute in laboratorio hanno ridotto i livelli di glicemia.
Lo studio, finanziato da Associazione italiana ricerca sul cancro, Miur e Regione Lombardia, è coordinato da Tiziana Brevini e Fulvio Gandolfi del Laboratorio di embriologia biomedica di Unistem, il Centro per la ricerca sulle cellule staminali della Statale di Milano. In sintesi, riassume l’ateneo, «i ricercatori hanno sperimentato con successo un metodo sicuro e privo di rischi per cambiare la funzione delle cellule senza alterare la sequenza del loro Dna, ma intervenendo nelle modificazioni epigenetiche che presiedono al programma di differenziazione cellulare».
«Tutte le cellule del nostro organismo - spiegano dalla Statale - possiedono infatti lo stesso Dna, ma si differenziano in più di 200 tipi cellulari diversi per formare i diversi organi e tessuti. Ciò è reso possibile grazie a un meccanismo di selezione in base al quale alcuni tratti del Dna sono attivati e altri silenziati. Ad esempio, in una cellula del cuore sono attive le sequenze di Dna che controllano il conseguimento della corretta morfologia e funzionalità cellulare cardiaca, mentre sono inaccessibili, e quindi represse, quelle tipiche delle cellule di altri tessuti. Il profilo di espressione è dunque regolabile da modificazioni che non toccano la sequenza del Dna ma solo la sua accessibilità, e che vengono definite “epigenetiche”». Dunque, «interagendo con i processi epigenetici di definizione tissutale, si può modificare la specializzazione e il destino di una cellula».
I ricercatori milanesi hanno utilizzato la 5 aza-citidina, una molecola in grado di rimuovere dal Dna delle cellule differenziate i “blocchi” che ne limitano l’accessibilità. Una «finestra di aumentata plasticità» che i ricercatori hanno sfruttato per attivare un programma di differenziamento diverso: hanno azzerato il programma attivo nelle cellule prelevate dalla cute, indirizzandole verso il differenziamento pancreatico. È stato così possibile convertire una cellula della pelle in una che produce i diversi ormoni pancreatici. Una trasformazione che si è mantenuta stabile anche dopo il trapianto delle cellule in topi diabetici, dove la loro presenza ha assicurato normali livelli di glicemia.
«Fino ad oggi - sottolineano i ricercatori - gli esperimenti di conversione e riprogrammazione cellulare erano stati realizzati grazie all’utilizzo di vettori retrovirali e/o mediante l’inserzione di segmenti di Dna esogeno», esterno, «operazioni che implicano modificazioni genetiche, con elevato rischio di possibili trasformazioni tumorali scarsamente controllabili». Limiti superati dalla tecnica “made in Milano”, che «non altera il patrimonio genetico della cellula, ma semplicemente rende il suo Dna più accessibile e plastico».
Per gli autori, «questo nuovo approccio sperimentale apre strade alternative e di enorme potenzialità, sia nell’ambito della terapia del diabete, così come nel tumore del pancreas. L’utilizzo delle cellule “convertite“ permetterà altresì la messa a punto di screening pre-clinici e test farmacologici che evitano l’impiego di modelli sperimentali animali e forniscono dati direttamente applicabili alla specie umana. Inoltre, la facile reperibilità delle cellule dalla cute permetterà l’allestimento di terapie paziente-specifiche».
tratto da www.lastampa.it/scienza

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