Scoperto farmaco che protegge beta-cellule
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Diabete, scoperto nuovo farmaco che protegge le beta-cellule del pancreas
Il farmaco riesce non solo a ottimizzare il controllo metabolico del diabete, riducendo le crisi ipoglicemie e migliorando i livelli di emoglobina glicata, ma anche a ridurre la reazione auto-immunitaria che distrugge normalmente le beta-cellule rimanenti
Roma, 5 maggio 2014 - Un nuovo farmaco promette, per la prima volta, di normalizzare il metabolismo dei pazienti con diabete di tipo 1 e di preservarne le beta-cellule funzionanti, ovvero le cellule del pancreas responsabili della produzione d’insulina.
In base ai riscontri sperimentali, il farmaco riesce non solo a ottimizzare il controllo metabolico del diabete, riducendo le crisi ipoglicemie e migliorando i livelli di emoglobina glicata, ma anche a ridurre la reazione auto-immunitaria che distrugge normalmente le beta-cellule rimanenti, preservandone in questo caso la funzionalità.
Sviluppato nei laboratori dell’azienda israeliana Andromeda Biotech, DIAPEP277 a questo il nome del principio attivo prodotto con un peptide che deriva dal sequenziamento della proteina umana HSP-60 a ha appena superato la fase 3 di una sperimentazione internazionale durata due anni e coordinata per l’Italia dall’Unità Operativa di Endocrinologia e Malattie Metaboliche dell’Università Campus Bio-Medico di Roma.
Il farmaco è stato somministrato entro i primi tre mesi dalla diagnosi a 467 pazienti dai 16 anni in su.
I risultati dello studio sono stati appena pubblicati in due articoli scientifici su ‘Diabetes Care', rivista ufficiale dell’American Diabetes Association. “Altri studi già condotti negli Stati Uniti a ha spiegato Paolo Pozzilli, Direttore dell’Unità Operativa di Endocrinologia e Malattie Metaboliche del Campus Bio-Medico e tra i principali autori dei due articoli a hanno dimostrato che pazienti che conservano una residua funzione delle betacellule non vanno incontro, anche dopo vent’anni dalla diagnosi della malattia, a complicanze come retinopatia, neuropatia o nefropatia diabetica”.
“Questo principio attivo, favorendo proprio la conservazione delle betacellule, promette quindi di risparmiare al paziente diabetico le complicanze citate”, ha concluso Pozzilli. In termini di qualità di vita, va sottolineato che l’assunzione del principio attivo avvenga una sola volta al mese, sottocute, e possa essere effettuata dal paziente stesso, senza necessità di personale e strutture sanitarie.

Sviluppato nei laboratori dell’azienda israeliana Andromeda Biotech, DIAPEP277 a questo il nome del principio attivo prodotto con un peptide che deriva dal sequenziamento della proteina umana HSP-60 a ha appena superato la fase 3 di una sperimentazione internazionale durata due anni e coordinata per l’Italia dall’Unità Operativa di Endocrinologia e Malattie Metaboliche dell’Università Campus Bio-Medico di Roma.
Il farmaco è stato somministrato entro i primi tre mesi dalla diagnosi a 467 pazienti dai 16 anni in su.
I risultati dello studio sono stati appena pubblicati in due articoli scientifici su ‘Diabetes Care', rivista ufficiale dell’American Diabetes Association. “Altri studi già condotti negli Stati Uniti a ha spiegato Paolo Pozzilli, Direttore dell’Unità Operativa di Endocrinologia e Malattie Metaboliche del Campus Bio-Medico e tra i principali autori dei due articoli a hanno dimostrato che pazienti che conservano una residua funzione delle betacellule non vanno incontro, anche dopo vent’anni dalla diagnosi della malattia, a complicanze come retinopatia, neuropatia o nefropatia diabetica”.
“Questo principio attivo, favorendo proprio la conservazione delle betacellule, promette quindi di risparmiare al paziente diabetico le complicanze citate”, ha concluso Pozzilli. In termini di qualità di vita, va sottolineato che l’assunzione del principio attivo avvenga una sola volta al mese, sottocute, e possa essere effettuata dal paziente stesso, senza necessità di personale e strutture sanitarie.
Tratto da http://qn.quotidiano.net